Volevo fare l'architetto Il mio primo libro

03 – L’architetto non si paga

Dopo aver trascorso il mio periodo in Irlanda, parto alla volta della Danimarca, la famiglia che mi ha ingaggiato vive in una piccola cittadina a circa 120 Km a sud di Copenaghen, mi vengono a prendere alla stazione e scambiamo le prime parole giusto per conoscerci. Appena arrivati a casa, vengo presentato al resto della famiglia composta da tre figli di cui uno da poco diplomato, due piccole e simpatiche canagliette, il nonno, un cane, un paio di gatti, due maiali. È una fattoria abbastanza grande composta da quattro edifici di cui uno quasi del tutto riammodernato, uno in buone condizioni ma da rifinire, e altri due adibiti a fienile. Mi accompagnano nella mia camera, e ci diamo appuntamento per la cena (in Danimarca, come in quasi tutti i paesi del nord Europa, si cena per le 18.00), mi sistemo, mi faccio una doccia e ci ritroviamo tutti insieme a cena a parlare tra le altre cose anche del progetto di ristrutturazione. Ormai è buio, quindi senza entrare nei dettagli finita la cena ci diamo appuntamento per il giorno dopo alle ore 8.00 per la colazione ed iniziare i lavori. Il mattino seguente, dopo una lauta colazione, inizio a fare il rilievo geometrico e fotografico della struttura, mi dà una mano il figlio Jens, con il quale intraprendiamo una interessante discussione sulla vita. Mi racconta che ha conseguito il diploma l’anno precedente, e che al momento si sta prendendo un anno sabbatico per riflettere su cosa voglia fare da grande, mi spiega che in Danimarca lo Stato paga gli studenti perché Loro, gli studenti, per lo Stato Danese, sono una risorsa e quindi non è contemplato che i figli gravino sulle tasche dei genitori, così lo Stato apre un fondo a nome dello studente e versa dei soldi che può ritirare solo al momento del diploma e quindi con il raggiungimento della maggiore età. Molti ragazzi infatti dopo il diploma scelgono di intraprendere un viaggio in giro per l’Europa, altri comprano un auto, altri ancora invece usano il fondo per iscriversi all’università, la quale essendo statale è completamente gratuita, significa che non si pagano libri, dispense o fotocopie, e inoltre anche durante gli studi universitari lo Stato continua a dare un benefit mensile di circa 600 Euro fino al completamento degli studi; l’Università offre anche opportunità lavorative, infatti, durante il semestre accademico è possibile trovare Student Jobs o tirocini con rimborso spese in aziende. Inoltre i corsi sono tutti in Inglese, anche per integrare le migliaia di studenti che ogni anno si iscrivono da tutta Europa. I danesi in realtà non sono molto contenti di questo, preferirebbero usare la loro lingua ufficiale, ma in compenso parlano inglese benissimo come seconda lingua non ufficiale ma “ufficiosa”. Rimango letteralmente scioccato.

Jens mi dice che non ha più voglia di studiare e che non appena finito l’anno sabbatico sicuramente troverà lavoro, perché in Danimarca non è un problema.

I giorni passano velocemente, e gli ospitanti mi fanno veramente sentire a casa, tanto che mi preparano degli ottimi pasti, quasi mi viziano, una sera addirittura la “matrona”, mi prepara un gustoso piatto di lasagne al forno, oltre che piatti tipici della cucina Danese. Anche io contribuisco alle delizie del palato, gli preparo un risotto ai funghi, una pasta alla norma, la classica pasta asciutta, involtini di carne, addirittura la pizza, il cibo oltre ad essere espressione della cultura di un popolo è indice della nostra identità e della nostra appartenenza, e stimola la conversazione.

Una sera mi portano anche a cantare in un coro gospel, di cui fanno parte, conosco tanta altra gente di differenti età, tutti ovviamente parlano inglese, usano tablet, pc e cellulari di ultima generazione, e si mostrano abbastanza ospitali e calorosi.

I l lavoro continua, comincio a redigere alcune ipotesi progettuali, realizzo un modello tridimensionale, eseguo alcuni render e ne parlo con i committenti, i quali restano piacevolmente colpiti dal mio lavoro, ovviamente tra le tre ipotesi fatte la scelta (come sempre) ricade sulla prima, ci confrontiamo nascono nuove idee e spunti, esigenze e pian piano si va delineando il progetto definitivo. In Danimarca, la legislazione urbanistica, come quella civile, è molto snella, pochissime norme semplici e facili da seguire, non ci sono richiami, postille, decreti del presidente della repubblica, del senato del consiglio, non ci sono contraddizioni, tutto si svolge nella massima serenità e velocità. Nel giro di circa 30 giorni finisco tutta la fase progettuale, mi riempiono di complimenti mi pagano immediatamente e mi dicono “grazie”…..mi sento commosso, nessuno mi aveva mai detto grazie in Italia, neanche quando sono riuscito a risolvere problemi normativi apparentemente insormontabili, neanche quando il cliente al momento del pagamento mi inizia a stonare la testa con la solita “tiritera” di convenienza: è un momento di crisi, non ci sono soldi, devo risparmiare ecc…. e lì comincia un balletto sgraziato attorno al prezzo già convenuto e accettato. Mi pongo domande ma non riesco a darmi alcuna risposta. Se non hai i soldi, perché ti impegni a spenderli? Perché quando un architetto chiede il suo onorario chiunque è sempre insoddisfatto? Perché l’architetto non si paga o si paga come qualcuno che chiede l’elemosina? L’architetto non mangia, non beve, non ha un mutuo, non ha famiglia…..non ha studiato e non è preparato!!! Ma cosa vuol dire essere un buon architetto in Italia? A questo so rispondere. In Italia essere un buon architetto, anzi il migliore, significa dichiarare il falso, architettare sotterfugi per far passare, in deroga o meglio ancora senza farsene accorgere, illeciti edilizi commessi o in fase di realizzazione, significa far fare al proprio committente tutto quello che vuole in barba a leggi, norme, decreti ecc….significa fare il passacarte, avere amicizie politiche e trasformare il carbone in oro anche quando non è carbone. In più se riesci anche a portare la colazione durante le fasi di cantiere, sei veramente il più bravo in assoluto. Bene !!!! si fa per dire….chiarito che il cliente ha trovato il miglior architetto sulla piazza, egli può diventare, nel giro di poche ore, il peggiore in assoluto, quello da evitare come la peste nera e soprattutto da non pagare assolutamente, tanto cos’ha fatto??? Per due linee e quattro fogli scritti…. Ma di chi sono le responsabilità di tutto questo? Sono politiche e culturali. Cominciando dal sistema scuola che fa acqua da tutte le parti, soprattutto le Università, chi uscendo dall’università italiana può dire di saper fare il proprio mestiere? Al momento non ne conosco. L’università, per definizione, è una istituzione scientifico-didattica e culturale in senso ampio, pubblica o privata, che rappresenta il più alto livello di istruzione, ed è articolata in facoltà dove si svolge la didattica e in dipartimenti dove si effettua la ricerca. Si avete letto bene, rappresenta il più alto grado di istruzione. Le Università hanno l’obbligo morale, culturale e didattico di insegnare una professione, ma in realtà così non è.

Primo: il numero chiuso per entrare in un corso di studi non ha completamente senso, oltre ad essere anticostituzionale è una farsa, non si può negare il diritto allo studio e se lo Stato vuole fare selezione, la stessa la si deve fare all’interno delle Università e non fuori.

Secondo: le Università Italiane sono esasperatamente teoriche a discapito della inesistenza della pratica. Prendiamo l’esempio egli studi di architettura; in cinque anni di alto grado di istruzione, noi studenti, non siamo mai andati in un cantiere, non ci hanno mai fatto redigere un computo metrico, per non parlare della gestione di un cantiere, della direzione dei lavori, della conoscenza dei materiali, delle prove di laboratorio. Essere Architetto significa essere operaio, muratore, carpentiere, gessista, significa essere un maestro d’arte qualificato. Le università hanno bisogno di una riforma culturale e istituzionale. Formare professionisti non vuol dire solamente studiare i principi e le filosofie dei maestri del passato, ma significa anche e soprattutto comprenderne le varie tecniche. “ L’architettura, disciplina dell’edificare, sceglie, dirige e giudica i contributi pratici e teorici di molte altre scienze ed arti. (…) il vero architetto dovrà possedere doti intellettuali e attitudine all’apprendere… Sia perciò competente nel campo delle lettere e soprattutto della storia, abile nel disegno e buon matematico; curi la sua preparazione filosofica e musicale; non ignori la medicina, conosca la giurisprudenza e le leggi che regolano i moti degli astri… (Vitruvio, architetto del I secolo a.C.De architectura)”. Ma come possiamo apprendere senza insegnamento?

Studiare in Italia è diventato un passatempo per i giovani ed un investimento inutile per i genitori che spesso devono anche fare debiti per sognare di dare un futuro migliore a propri figli. Quale futuro? Non ci sono prospettive per i laureati, tanto che nel 2014 gli espatriati sono stati 101.297 con una crescita del 7,6% rispetto al 2013, è questo il quadro che emerge dal Rapporto Italiani nel mondo 2015 della Fondazione Migrantes. Secondo i dati Istat l’investimento in capitale umano che viene perso per l’espatrio dei laureati ammonta a 851 milioni.

Carlo Gibiino

 

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