Volevo fare l'architetto Il mio primo libro

10 – Saper leggere il territorio: valorizzazione dell’arte e dell’architettura

Promuovere la trasparenza e la qualità dell’architettura, incentivare la creatività e l’innovazione, dare centralità al benessere dei cittadini e dell’ambiente sono i giusti presupposti per arrivare ad una conclusione legislativa. In Sicilia, siamo un passo avanti, almeno sulla carta, rispetto alle altre Regioni, poiché la Legge Regionale 12 Luglio 2001 n. 12, “Disciplina dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture” all’art. 14 prevede l’applicabilità dei concorsi di idee con una serie di commi relativi allo svolgimento del concorso che così recita:  “Art.1. – L’articolo 91 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 e successive modifiche ed integrazioni, è introdotto con le seguenti modifiche:

  1. a) dopo il comma 5 è inserito il seguente:

5 bis. Nei casi di cui al comma 5, in cui si ritenga prevalente il valore innovativo dell’idea progettuale, la qualità dell’ideazione e della realizzazione sotto il profilo tecnologico, ingegneristico e/o architettonico, le stazioni appaltanti applicano la procedura del concorso di idee.” Un arma in più che però la Regione, gli Ordini professionali e le Amministrazioni non ne conoscono l’esistenza. Affinché la Legge possa essere applicata nel concreto e con una precisa definizione, però, occorre riformare la normativa e nello specifico:

  1. È obbligo ( e non è facoltà), della stazione appaltante affidare altresì, al vincitore, con procedura negoziata senza bando, la direzione dei lavori (comma 4);
  2. Eliminare la seguente dicitura: Il soggetto vincitore deve essere in possesso dei requisiti di capacità economica, indicati nel bando, in rapporto ai livelli progettuali da sviluppare (comma 4);
  3. Occorre introdurre nel contesto del codice dei contratti una elencazione di opere e di interventi per i quali le stazioni appaltanti debbono ricorrere all’indizione del concorso di progettazione, e con specifico riferimento  al comma 5bis, eliminare la facoltà ed introdurre l’obbligatorietà dell’applicazione del concorso in rapporto alla sopracitata elencazione.

Le città, luogo di incontri, scambi, culture, sapori, odori e colori, oggi rappresentano la sconfitta di una generazione di uomini intenti quasi solo ed esclusivamente a fare soldi. Dal secondo dopoguerra ad oggi, le città sono state date in mano a palazzinari, uomini d’affare, manager, imprese edilizie, tutti tranne gli architetti. Le città sono il nostro gioiello, il biglietto da visita di una popolazione, delle sue tradizioni, delle sua culture, del suo paesaggio. Un paesaggio che è stato, nel tempo dilaniato da interessi puramente economici a scapito della bellezza, della funzione, della fruizione. La città “moderna”, fatta di scatole, mal isolata acusticamente affacciate su strade asfaltate senza la minima integrazione geografica e con il paesaggio naturale, si congestiona e si estende senza forma, incerta, indefinita. Il D.M. n. 1444/68 all’art. 3, definisce gli spazi destinati agli insediamenti residenziali e gli spazi pubblici o riservati alle attività collettive, a verde pubblico, a parcheggi, spazi che non sono assolutamente riconoscibili e delineati nelle nostre città. Ma cosa si intende per insediamenti residenziali? Le città sono insediamenti residenziali? Perchè non sono stati minimamente presi in considerazione gli standards urbanistici previsti dal suddetto D.M. 1444/68? L’urbanista e l’architetto, organizzano gli spazi urbani e architettonici, definiscono la lo loro posizione e la collegano nel tempo e nello spazio stabilendo percorsi perfettamente efficienti. Bisogna smettere di contrapporre sempre i punti di vista, che vanno invece fusi in una logica di armonia. Bisogna agire con intelligenza e programmazione di comune accordo con le amministrazioni locali, amministrazioni che spesso non sono sensibili ad una pianificazione territoriale strategica. Ne consegue quindi che gli obiettivi strategici si riducono ai pochi derivanti dalle priorità politiche espresse nella direttiva di mandato, tali obiettivi, però, non rappresentano tutti gli obiettivi strategici rilevanti, l’integrazione tra politica e amministrazione, serve ad impedire che ci siano attività di gestione che sono totalmente assenti nei pensieri politici e, viceversa, obiettivi strategici che non si traducono in programmi operativi. La disorganica sequenza di opere pubbliche delle varie amministrazioni e la disordinata ricostruzione dei centri urbani, eseguita più con spirito di ripristino o di massimo sfruttamento che di miglioramento, rappresenta una sintesi di disordine che una seria e positiva azione di programmazione urbanistica avrebbe potuto facilmente prevenire e superare. Occorre saper leggere il proprio territorio, selezionare le priorità di intervento sostenibili e guidare intorno a queste priorità le risorse pubbliche e private. Un suggerimento ci viene offerto dal legislatore, che in data 27 Febbraio 2004 ha approvato il disegno di legge sulla Qualità dell’Architettura, un disegno di legge quadro che promuove la nascita ed il consolidamento di una cultura della qualità architettonica ed urbanistica, una nozione fino ad oggi sottovalutata nell’ordinamento, e richiama l’attenzione degli operatori ai fini del raggiungimento di standard di progettazione quanto più elevati possibile. Per consentire un inserimento armonico dell’opera costruita nell’ambiente circostante (il cui valore paesaggistico è stato spesso compromesso da interventi architettonici ed urbanistici non sufficientemente ponderati) il disegno di legge individua principi fondamentali a cui attenersi e strumenti capaci di incrementare la qualità architettonica: concorsi di idee ed iniziative di alta formazione con il coinvolgimento degli Ordini professionali, ma anche valorizzazione dell’arte e dell’architettura contemporanea.

Carlo Gibiino

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