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Abu Dhabi: il progetto di una copertura sostenibile stampata in 3D premiato al “Cool Abu Dhabi Challenge”

Gli architetti Maurizio Barberio e Micaela Colella, insieme al collega Angelo Figliola, hanno elaborato e presentato un progetto innovativo, dal nome Urban Dunes, premiato con la menzione d’onore nella competizione globale “Cool Abu Dhabi Challenge”, promossa dal Dipartimento dei Trasporti della città di Abu Dhabi. Una sfida internazionale, al cui appello hanno risposto studi di progettazione da 62 Paesi, incentrata sulla risoluzione di un problema sempre più cogente nei climi caldi (ma anche alle nostre latitudini): raffrescare gli spazi urbani in modo efficace ma sostenibile.


Nome del progetto: Urban Dunes
Studio di architettura: Barberio Colella Architetti
Architetto principale: Maurizio Barberio, Micaela Colella
Luogo del progetto: Abu Dhabi
Fotografia: -Visualizzazione: Barberio Colella Architetti
Anno di progettazione: 2020
Team di progettazione: Maurizio Barberio, Micaela Colella, Angelo Figliola


La proposta degli architetti, che ha colpito i giurati, è caratterizzata da una innovativa copertura voltata, costituita da blocchi stampati in 3D utilizzando un materiale povero ed economico, ma abbondantemente disponibile, ossia la sabbia del deserto. Grazie alla tecnica del binder jetting, utilizzando un legante, è possibile rendere solidali i granelli di sabbia tra loro, permettendo la fabbricazione di blocchi di grandi dimensioni con un alto livello di precisione. I due architetti, dottori di ricerca del Politecnico di Bari, impegnati da tempo nei temi della progettazione digitale e della sostenibilità in architettura (le cui ricerche sono state pubblicate di recente da Maggioli nel libro “Architettura 4.0″), hanno attinto dalle proprie competenze per proporre un sistema voltato che reinventasse il linguaggio architettonico della tradizione islamica integrandolo con sistemi di raffrescamento passivi, cioè sistemi a bassa tecnologia e basso costo, in grado di raffrescare senza l’impiego di energia elettrica.

La copertura di “Urban Dunes” è una volta complessa, caratterizzata da una serie di archi che permettono l’ingresso nello spazio pubblico, quattro colonne centrali e tre grandi oculi in sommità. Due degli oculi ospitano fontane a cascata, mentre quello centrale, si lascia attraversare da un gruppo di palme fino a oltrepassare l’altezza complessiva della volta.

Se la principale strategia di raffrescamento consiste nell’elevata inerzia termica della copertura in sabbia stampata in 3D, il team di architetti ha integrato nel progetto diverse strategie di raffrescamento passivo, come la presenza di fontane d’acqua a cascata e di vegetazione (in grado di raffrescare per evaporazione), la captazione dei venti prevalenti attraverso quattro torri perimetrali, che convogliano i venti e li reimmettono nell’ambiente dopo il passaggio in tubi sotterranei, denominati earth pipe, che lasciano cedere il calore dell’aria al terreno, abbassandone la temperatura.

 

In più, intricate “grate” geometriche poste davanti alle aperture arcuate, chiamate mashrabiyye, accelerano il flusso dei venti in ingresso e li raffrescano grazie a bacini di acqua fresca posti in corrispondenza.

L’unico sistema attivo è rappresentato da un impianto di brumizzazione che, a fronte di un minimo impiego di energia, è in grado di abbassare la temperatura dell’aria circostante di diversi gradi grazie all’evaporazione istantanea di acqua nebulizzata ad alta pressione.

I progetti selezionati, al vaglio dell’amministrazione di Abu Dhabi, costituiranno la base per la definizione di nuovi modelli di copertura per ombreggiare e raffrescare gli spazi pubblici della città. Negli Emirati Arabi, si stanno impiegando importanti investimenti per lo sfruttamento di fonti energetiche rinnovabili e per la stampa 3D, che viene vista come futuro prossimo nel mondo delle costruzioni, rappresentando terreno fertile per la ricerca architettonica.

Pensando alla loro terra, la Puglia, gli architetti sono convinti che un progetto simile potrebbe essere messo a punto utilizzando gli scarti di lavorazione del settore lapideo o altri materiali poveri disponibili in loco. Un’architettura 4.0 ma a km 0

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