In quello stesso periodo, mi capitò l’occasione di lavorare come assistente universitario nel corso di “Recupero e Riqualificazione dei centri storici”, la ricordo come un esperienza altamente formativa. Quando ero studente, chi non l’ha fatto?, avevo preso in considerazione l’idea di poter seguire un percorso da docente universitario, ma due motivi frenarono il mio entusiasmo:
1 1. Diventare docente universitario è una cosa molto complessa, è una strada lunga e faticosa. Si comincia con la formazione post lauream, magari vincendo un concorso per accedere ad un dottorato di ricerca. Conseguito il dottorato, in un tempo minimo che va generalmente dai tre ai quattro anni, se l’intenzione è di proseguire la carriera universitaria potreste inserirvi in un programma post dottorato, continuando il lavoro di ricerca e realizzando quante più pubblicazioni scientifiche possiate, per accrescere il vostro curriculum vitae. Terminati gli studi post lauream, ed in attesa di un concorso da ricercatore, si può tentare di ottenere un assegno di ricerca. Anche in questo caso si tratta di un concorso indetto dalle università ed, in molti casi, per vincerlo si necessita di una “spinta” da parte del docente che lo ha bandito. Il passo successivo, per proseguire la strada della carriera universitaria, è rappresentato dal concorso per diventare ricercatore, indetto dalle singole università. Per avere qualche possibilità di vincere, dovete avere un ricco curriculum scientifico, pieno di pubblicazioni e svolgere un tema scritto ed un orale eccellente. Il ricercatore rappresenta quindi la prima vera figura di ruolo della carriera universitaria. Nell’ascesa della vostra carriera universitaria a questo punto siete immediatamente sotto la carica di professore associato, ruolo raggiungibile per concorso pubblico con tempistiche e svolgimento identiche a quelle di ricercatore. Identico meccanismo di assunzione lo troverete per la carica di professore ordinario che nella vostra carriera universitaria rappresenta la più alta qualifica, per un docente titolare di cattedra (fonte: http://www.universita.it/carriera-universitaria/). Bene, in base alle informazioni appena descritte, possiamo fare un rapido conto per capire quanto tempo ci vuole per diventare professore associato, ci sono sei gradi da passare in un tempo medio di tre anni per ogni grado, per cui 6×3 = 18 anni. Allora come è possibile che nel 2000 mi ritrovai un docente di 33 anni con la qualifica di professore associato? Tutt’oggi per me resta un mistero e faccio i miei migliori auguri a quel docente che comunque era ed è molto preparato, disponibile al dialogo e di grande cultura. Come del resto era il padre, seguii con molto interesse le sue lezioni e all’esame si dimostrò un docente che sapeva fare il suo mestiere;
2. girava voce che senza “spintarella” era impossibile accedere al dottorato di ricerca.
Per cui quando mi si propose questa splendida occasione, accettai entusiasta. Nonostante di retribuzione non se ne parlava, mi buttai a capofitto, anima e corpo, in quel mondo che conoscendolo sempre più da vicino e soprattutto dall’altro lato della cattedra, mi affascinava sempre più. Aiutavo a preparare le lezioni, assistevo i ragazzi durante i laboratori e partecipai agli esami finali. Mi sentivo molto coinvolto ed anche abbastanza responsabile, per questo cercai di farlo in un modo quanto più coscienzioso possibile. Durante quel periodo però, capii anche che quanto detto nei due punti precedenti, corrisponde a verità, per cui io non avrei mai avuto la più piccola “chance” di poter intraprendere quella carriera che avevo sognato nel recente passato.
Nel periodo in cui avevo deciso di fare causa “all’azienda dei render”, per ovvie ragioni mi feci vidimare la parcella dalla apposita commissione dell’ordine degli Architetti, lì conobbi un collega che, dopo aver visto i miei lavori, mi propose di collaborare con lui e il suo socio, anche nella partecipazioni ai concorsi di idee e di progettazione. Così mi trasferii dall’amico purtroppo scomparso prematuramente Luigi Picone che insieme all’architetto Giovanni Santagati lavoravano insieme da circa 35 anni. Conobbi due persone meravigliose, che mi insegnarono molto sulla professione, dalla progettazione ai computi metrici, dalla legislazione ai collaudi, nacque un amicizia indissolubile. Partecipammo a diversi concorsi di cui qualcuno vinto, il trio era perfetto ognuno aveva le sue peculiarità le quali messe assieme si rivelarono un percorso vincente. Uno era molto pratico e razionale, l’altro è creativo ed estroso ed io che portai una ventata di novità ed entusiasmo. Lo ricordo come uno dei periodi più fecondi della mia attività di architetto, progettammo scuole, centri multi direzionali, parchi, giardini e monumenti. Nel frattempo proposi di creare un’associazione culturale con la quale avremmo potuto organizzare eventi e manifestazioni legati al mondo dell’architettura e dell’arte, così nel giro di poche settimane creammo la “GLA ( Genius Loci Architettura)”, composta da soli architetti. Organizzammo workshop, dibattiti e anche concorsi di design a livello internazionale, con una risposta altamente positiva sia da parte delle imprese che dei progettisti, gite culturali alla scoperta del nostro splendido patrimonio architettonico e mostre. A parte i soliti ed inutili problemi burocratici, tutto andò per il verso giusto, ricevendo apprezzamenti, da tutta Italia e dall’estero. Le attività furono frenetiche per circa due o tre anni, poi il mio allontanamento all’estero per un periodo di 6 mesi, fece purtroppo crollare immediatamente quello che eravamo riusciti a creare con fatica…ma queste sono storie già sentite. Al mio ritorno presi nuovamente in mano le redini dell’associazione, ma ormai alcuni soci del consiglio direttivo si erano allontanati e restammo in pochi. Nonostante ciò, andammo avanti proponendo altri eventi cercando di dare un contributo, nel nostro piccolo, alla città e al suo territorio. Certo la volontà non manca, ma come dicevano gli antichi “senza sordi nun si ni canta missa e senza stola nun si confessa” concetto molto diffuso nel territorio siculo per dire che non si fa niente per niente.
Carlo Gibiino