Volevo fare l'architetto Il mio primo libro

06 – Assenteismo istituzionale ingiustificato

Fare l’architetto in Italia è diventato impossibile, sia dal punto di vista professionale che redditizio, vivere di sola libera professione significa essere povero, conosco pochissimi colleghi che vivono in questo modo, la maggior parte di essi sono insegnanti la mattina e professionisti il pomeriggio. Tra edilizia ed aziende in crisi, burocrazia, leggi, norme e decreti che cambiano continuamente, clienti che non pagano, concorrenza sleale, si assiste ogni giorno alla distruzione sempre più profonda della professione di Architetto, oggi definita e degradata a ruolo di “azzeccagarbugli”. “Giudico che sia bene dichiarare chi è quello, che voglio chiamare Architettore percioché lo non ti porrò inanzi un legnaiuolo, che tu lo habbi ad aguagliare ad huomini nelle altre scienze essercitatissimi; colui certo che lavora di mano, serve per Instrumento allo architettore. Architettore chiamerò lo colui, iI quale saprà con certa, e maravigliosa ragione, e regola, si con la mente, e con lo animo divisare; si con la opera recare a fine tutte quelle cose, le quali mediante movimenti di pesi, congiugnimenti, e ammassamenti di corpi, si possono con gran dignità accomodare benissimo allo uso de gli huomini. Et a potere far questo, bisogna che egli abbia cognitione di cose ottime, e eccellentissime; e che egli le possegga.” (Leon Battista Alberti Dal De Re Ædificatoria, 1450).
Negli ultimi anni sono stati emessi provvedimenti vessatori ed inutili che hanno reso la professione sempre più difficile e meno remunerativa, obbligo di POS, abolizione delle tariffe minime, studi di settore per fare qualche esempio. Fino a due decenni addietro essere architetto significava avere una certa posizione sociale e quindi economica, oggi invece non è rimasto nulla dei fasti del passato. In Italia fa “carriera” il disonesto, l’imbroglione, il furfante siamo nuovamente in schiavitù, o forse lo siamo sempre stati e non ce ne siamo accorti. Certo il benessere nasconde le condizioni indigenti, ma oggi che le condizioni di benessere si sono ristrette a pochi eletti che sfruttano le idee e il lavoro degli altri per speculare, sono venute a galla difetti ed imperfezioni di un sistema assurdo, obsoleto e mafioso. Il lavoro non manca, e non mancherebbe, ma le condizioni sono sempre le stesse in tutto il paese, retribuzioni per lo più assenti o talmente minime da essere assoggettate al grado di sfruttamento. Prendiamo ad esempio stage e tirocini, percorsi obbligati che dovrebbero avere il compito di trasmettere un insegnamento e preparare il giovane neolaureato al mondo del lavoro. Ebbene, durante i suddetti periodi, il giovane laureato viene usato solo ed esclusivamente per avere manodopera fresca e gratuita, è infatti usanza diffusa interrompere la collaborazione finito il periodo di tirocinio ed intraprenderne un altro, piuttosto che continuare a formare il giovane retribuendolo. Per non parlare di orari di lavoro estenuanti, flessibilità che vuol dire lavorare anche il sabato e la domenica, dove le ferie sono un sogno e la pensione un miraggio. Sono pienamente convinto che nessuno dovrebbe accettare queste assurde ed insensate regole di mercato, solo in questo modo si può sconfiggere il sistema mafioso che lo stato protegge, e in qualche modo ha contribuito a creare. Anche perché lo status appena descritto non vale solo per i giovani neolaureati ma è, purtroppo, pratica diffusa anche per i meno giovani, per chi cerca lavoro ed è magari altamente qualificato. E’ ora di dire BASTA a questo assurdo ed insensato sistema, rifiutare di lavorare gratis o con miseri compensi è la strada giusta per cambiare, se tutti rifiutassero di assoggettarsi a queste deplorevoli regole, esse stesse sarebbero costrette ad adeguarsi cosicché le aziende e gli studi professionali, sarebbero obbligati o a lavorare senza manodopera, oppure a trattare i dipendenti in maniera equa. “Essere accondiscendenti per debolezza e per paura è… fatale” ( Winston Churchill). A tutto ciò si unisce un considerevole spreco di risorse umane e di competenze. Alle imprese, agli studi professionali non interessa formare un gruppo di lavoro coeso e stabile, non vogliono più instaurare un rapporto continuativo, non è conveniente da un punto di vista economico, ormai si guarda solo al presente e invece è un grosso sbaglio. Sono convinto che le risorse umane siano il pilastro di una società, qualunque essa sia, soprattutto se ci si trova di fronte ad eccellenze le stesse devono essere premiate perché si distinguono per impegno e capacità nei confronti di altri. Ma la politica meritocratica non è contemplata dallo Stato Italiano, che preferisce attingere le proprie risorse utilizzando altri canali “clientelari” e questo spiega come l’assenza di valori abbia prodotto una classe dirigente debole ed incapace a differenza di altri paesi Europei e non, dove il sistema meritocratico ha prodotto e continua a produrre classi dirigenti forti e capaci, come ad esempio nei paesi Scandinavi o nel nord America. La debolezza dello Stato Italiano è riuscito a creare una certa sfiducia dei cittadini nei confronti della giustizia, della scuola, della sanità, la quale implica una chiusura verso se stessi disincentivando l’impegno pubblico. Tutto ciò si evince dai dati EURISPES nel rapporto 2013 – la fiducia dei cittadini nelle istituzioni – : “Lo scorso anno segnalavamo come il dato sul fronte della sfiducia dei cittadini nei confronti delle Istituzioni fosse il più alto registrato, rispetto alla serie storica 2004-2012, segnando un trend in crescita che non si è mai arrestato negli anni considerati e, quindi, un graduale inesorabile divario e una distanza insanabile tra il corpo sociale e tutte quelle realtà istituzionali che dovrebbero essere preposte a rappresentarlo, ma che di fatto hanno dimostrato di vivere “arroccate nel Castello”, completamente avulse dalle istanze e dai bisogni reali dei cittadini, asfittiche e autoreferenziali. Per il 2013 ancora dobbiamo evidenziare un ulteriore peggioramento nel giudizio degli italiani nei confronti delle Istituzioni e un grado di sfiducia che sale dal 71,6% del 2012 al 73,2% del 2013”. Una politica sempre più lontana dai cittadini attraversa tutto il “Bel Paese”, la popolazione è sempre meno partecipativa ai processi sociali e si informa saltuariamente, stiamo assistendo, nostro malgrado, ad una continua degenerazione del senso civico.

Carlo Gibiino

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