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Sindrome dell’incantevole

E’ difficoltoso stabilizzare la propria mente dopo aver visto volare un’aquila e poi appollaiarsi sulla sommità di un pilastro ai fianchi di un cancello. Come è improbabile che nel centro Sicilia, fra aspre colline e brevi pianure un leone accovacciato scruta l’orizzonte. Diventa incerto il viaggio lungo le nostre campagne quando incontriamo, e senza preavviso, rapaci e felini di qualsiasi dimensione e con atteggiamenti poco rassicuranti. Appare chiaro che la nostra isola è stata colonizzata da animali esotici e non sappiamo valorizzare questa risorsa. Perché mai?  
Bisogna riflettere su questo fenomeno ed avere la capacità di capire cosa succede nella logica di chi ha diffuso nel territorio questi nobili animali; peccato che sono delle semplici statuine malinconicamente installate a guardia di alcune  case  e villini .Il fatto, obiettivamente, rispetto agli anni ’70 è diminuito sensibilmente, ma testimonianze cosiddette “storiche” sono presenti in maniera puntiforme in tutta la Sicilia e non solo.
C’è poco da chiedersi se quelle statuine sostano in un luogo improprio, se l’insieme del micro paesaggio della casa di campagna non ha niente a che fare con l’austerità imperiale dell’aquila, uno squilibrio evidente e stridente con la modestia e la normalità del costruito che la circonda.
L’estrapolazione dell’elemento scultoreo  spesse volte viene mortificato nel suo inserimento nel territorio, fuori da ogni tipologia architettonica, si supera il limite della tradizione entrando nella dimensione del “folk-architettura” dove ostentatamente si vuole esporre un presunto status simbol. 
Ma tutto questo risulta poco importante, a confronto di altri presupposti che sconvolgono l’assetto del paesaggio, piccole limitazioni estetiche che non ne vale la pena di normalizzarle, inezie espressive che non saranno mai prese in considerazione, ma che è opportuno ogni tanto evidenziarle.   
Giovanni Santagati 

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