(Note preparatorie per un intervento orale nella sessione di chiusura del Congresso degli Architetti di Catalogna, tenutasi a Barcellona, presso la sede dell’associazione degli architetti (COAC), il 24 novembre 2016.)
VALORI
Mi è stato chiesto di parlare di valori nell’architettura.
Sono di fronte a una duplice difficoltà:
– Da un lato, la portata del soggetto – che rende difficile talvolta avanzare con pura astrazione e facile arenarsi in luoghi comuni.
– D’altra parte troviamo la difficoltà, nel mondo contemporaneo, di parlare di valori generalmente accettati. Il valore è sempre un fenomeno culturale, il che significa sociale e storico – ovvero transizione e cambiamento.
– Pur accettando l’inevitabile relativismo, cercherò di parlare in termini di ciò che è ovviamente il mio punto di vista, ma con un approccio che aspira ad essere di più ampio respiro, analizzando più gli interessi collettivi.
- Architettura e società:
L’architettura è l’espressione del mondo. Senza di esso, il mondo sarebbe incomprensibile.
Il nostro rapporto con il fenomeno sociale è, quindi, diretto, strutturale.
L’architettura riflette / formalizza le energie sociali, e anche le forze e le passioni, senza idealismi ben significativi: la volontà di potere, la leggerezza … anche se aggiungerei due cose.
- a) La nostra tradizione professionale presuppone che il progetto qualificato sia costruito su un fondamento di generosità, apertura, ricerca del miglior futuro possibile.
Penso alla nostra storia moderna: dal movimento dell’igiene sociale nel diciannovesimo secolo che ha cambiato la concezione tipologica dello spazio, alla ricerca di abitazioni di massa negli anni Venti, con studi sull’Existenzminimum o analisi del funzionamento interno dell’abitazione …
La nostra attività ha sempre funzionato per il futuro e per un futuro migliore.
- b) La relazione tra architettura e società non è deterministica, non è basata su causa ed effetto. Sempre, dopo l’analisi, dopo i dati, dopo la partecipazione popolare, deve emergere un progetto. E questo ruolo di sintetizzare dati e determinazioni per creare un progetto, per produrre una nuova realtà, è quello degli architetti, è il nostro ruolo. E se non lo accettiamo, altri lo faranno (sociologi, geografi, politici …), perché è necessario. L’analisi e l’accumulo di dati non portano automaticamente ad un progetto.
- L’architettura come narrazione fisica:
L’architettura è direttamente legata al mondo della materia, dello spazio, dell’esperienza sensata. E questo ci mette in contatto con il mondo della scienza, ma anche con il mondo delle sensazioni.
Un progetto è sempre un’idea, un sogno che deve essere controllato per renderlo realtà.
E il nostro lavoro, come lo vedo, gravita tra due poli: uno è ideale, utopico, astratto e puro; l’altro è materiale, crudo, fisico. Questa dialettica è tipica dell’architettura e punta a certi limiti: pura volontà politica, ideologica o pura sensibilità manuale.
- Valori condivisi:
Mi sono riferito in precedenza alla difficoltà implicata, e il relativismo lo circonda. Ma in questo contesto vorrei – con tante proposte – pronunciare alcuni dei valori che sono alla base della nostra attività.
Questi valori comuni non sono il prodotto del momento presente. Sono vecchi, sono sempre stati lì. Sono i valori proposti da Vitruvio (il teorico originario dell’architettura) e poi ricordati da Alberti durante il Rinascimento.
E sono ancora oggi:
Firmitas: la ricerca della solidità, il valore della materia, l’importanza della costruzione.
Commoditas: uso, benessere, spazio. L’architettura non è solo superficie o volume, ma ha anche un aspetto interiore. E, in questo interiore, la vita umana si sviluppa.
Venustas: il desiderio di bellezza, trascendenza, strumento di connessione e comunicazione permanente dell’umanità.
Su questa base, penso che possiamo, con orgoglio, difendere il nostro territorio.
Che appartiene a tutti noi.
Josep Lluís Mateo