Volevo fare l'architetto Il mio primo libro

09 – Perché in Italia non possiamo godere della qualità in architettura

Bruxelles, 12 gennaio 2001, il Consiglio dell’Unione Europea afferma che:

  1.         a) l’architettura è un elemento fondamentale della storia, della cultura e del quadro di vita di ciascuno dei nostri paesi; essa rappresenta una delle forme di espressione artistica essenziale nella vita quotidiana dei cittadini e costituisce il patrimonio di domani;
  2.          b)  la qualità architettonica è parte integrante dell’ambiente tanto rurale quanto urbano;
  3. c) la dimensione culturale e la qualità della gestione concreta degli spazi devono essere prese in considerazione nelle politiche regionali e di coesione comunitarie;
  4. d) l’architettura è una prestazione intellettuale, culturale ed artistica, professionale. E’ quindi un servizio professionale al contempo culturale ed economico.

Esprime l’importanza che per esso rivestono:

  1. a) le caratteristiche comuni presenti nelle città europee, come l’alto valore della continuità storica, la qualità degli spazi pubblici, nonché la convivenza di vari strati sociali e la ricchezza della diversità urbana;
  2. b)  il fatto che un’architettura di qualità, migliorando il quadro di vita ed il rapporto dei cittadini con il loro ambiente, sia esso rurale o urbano, può contribuire efficacemente alla coesione sociale, nonché alla creazione di posti di lavoro, alla promozione del turismo culturale e allo sviluppo economico regionale.

Incoraggia gli stati membri:

  1. a) ad intensificare gli sforzi per una migliore conoscenza e promozione dell’architettura e della progettazione urbanistica, nonché per una maggiore sensibilizzazione e formazione dei committenti e dei cittadini alla cultura architettonica, urbana e paesaggistica;
  2. b) a tener conto della specificità delle prestazioni nel campo dell’architettura nelle decisioni e azioni che lo richiedono;
  3. c) a promuovere la qualità architettonica attraverso politiche esemplari nel settore della costruzione pubblica;
  4. d) a favorire lo scambio di informazioni e di esperienze in campo architettonico.

Da anni, ormai decenni, si leggono su internet nei portali di architettura, sulle riviste di settore ed anche sui quotidiani locali e nazionali, lunghe dissertazioni sulla qualità dell’architettura in Italia.  Ma perché in Italia, non possiamo godere della qualità? Perché i nostri amministratori, politici ed esperti del settore non si sono impegnati per far vivere le nostre città contemporanee, perché si è abbandonato il senso dell’arte che il nostro paese ha fatto conoscere in passato al mondo intero? E’ ora di dire basta con gli scempi, basta con la bruttezza, basta con scatole preconfezionate, nelle quali noi non ci riconosciamo più, basta con le canoniche colate di cemento senza anima e senza identità. Ogni luogo ha il suo personale “spirito”, interazione tra luogo e identità, tra cultura e senso civico, tra linguaggio e ambiente. Il rilancio della qualità nell’architettura passa attraverso dibattiti, formazione e informazione, tre necessari strumenti attualmente assenti nella nostra vita quotidiana, la qualità nell’architettura deriva anche da una forte sensibilizzazione dell’opinione pubblica attraverso l’uso di canali convenzionali quali tv, giornali, e soprattutto internet. Bisogna puntare su una elevazione culturale a partire da chi vive la città, fino a chi la amministra, negli ultimi anni in Europa è, infatti, cresciuta la consapevolezza dell’importanza del ruolo giocato dalle città nel guidare l’innovazione e la crescita economica locale e similmente è andato aumentando il bisogno di sviluppare strategie di rinnovamento urbano. L’appartenenza ad un sistema Europeo, e non più semplicemente locale, ha determinato la necessità di fissare nuovamente alcuni elementi per ridefinire l’identità urbana, esclusiva, unica e preziosa per riconoscersi in un percorso interiore di appartenenza. La città contemporanea, riprendendo un concetto caro al sociologo inglese John Urry, diventa oggetto di «consumo visuale» (Urry 1995), ovvero di fruizione estetica, e i valori positivi che l’immagine della città porta con sé fanno della città stessa un marchio per i prodotti e le attività che hanno luogo sul suo territorio. In tale contesto progettare trasformazioni dello spazio urbano significa investire nella produzione di luoghi che si prestano al consumo visuale ovvero incentivare la fruizione estetica della città. Lo strumento del Concorso, seppure non perfetto, rappresenta ad oggi in modo indiscutibile la miglior forma di procedura ed è strumento ormai ordinario nei principali Paesi Europei, non così in Italia ove è ancora una procedura poco e mal usata, l’uso del Concorso per realizzare Opere Pubbliche deve essere uno strumento ordinario, sostanzialmente obbligatorio, e tutte le Amministrazioni devono attrezzarsi per compiere questo indispensabile salto qualitativo. Certo in Italia il tema dei concorsi in architettura è stato spesso affrontato con superficialità, trucchi ed inganni, ricordo un bellissimo sito internet www.arcaso.com ovvero “come il caso, anzi l’Arcaso, accompagna l’architettura italiana”, che ormai purtroppo on esiste più e di cui non ricordo il nome del collega che gestiva il sito, nel quale smascherava periodicamente tutte le magagne rintanate all’interno delle procedure dei concorsi. Per non parlare dei bandi di gara costruiti ad arte per favorire sempre le stesse società di ingegneria, noti studi associati e singoli professionisti di rango, che si accaparrano affidamenti di incarichi professionali, solo perché posseggono forti requisiti finanziari e curriculari, talune volte per quest’ultimi procedendo all’avvalimento di altri gruppi consociati, con la complicità di legge, che non tutelano la qualità, anzi producono progetti seriali di edilizia elencale, che non hanno niente a che vedere con l’architettura. La realizzazione delle nuove opere va affidata esclusivamente sulla base della qualità del progetto e non affi­dandosi a quei gruppi di affari che si sono costruiti la capacità finanziaria e l’esperienza facendo gli scempi che oggi ci ritroviamo. L’identificazione del concorso di progettazione come alternativa, si basa sulla qualità della prestazione professionale e non sul fatturato del progettista o sul ribasso dell’onorario. Ciò che inficia alla radice la possibilità in Italia di realizzare architetture pubbliche di qualità è l’aggiudicazione degli appalti al minimo ribasso, criterio inconciliabile con i presupposti di qualità che ogni architettura deve sottintendere, anche in rapporto ad un sistema tecnologico sempre più complesso. E’ chiaro che inficiando alla base la possibilità di realizzare buone architetture pubbliche, il problema dei concorsi sembra quasi passare in secondo piano, a meno che non ci si accontenti, come per anni è successo in Italia, di vincerli e non realizzarli, situazione ricorrente nella maggior parte della casistica, o se l’opera viene approfondita con livelli di progettazione successivi, questi vengono affidati ad uffici tecnici che nella maggior parte dei casi snaturano l’essenza di prima genitura contenuta nel progetto, venuta fuori dal concorso, per realizzare manufatti di tutt’altro genere.

Carlo Gibiino

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *