Volevo fare l'architetto Il mio primo libro

13 – Distopia architetturale (parte3)

Altro esempio tutto siciliano è Gibellina, distrutta dal sisma del 1968, insieme agli altri paesi della Valle del Belice ha rischiato che, un progetto del governo, la facesse diventare un unico grande agglomerato industriale. La “nuova” Gibellina sorge a 18 chilometri di distanza dai ruderi della vecchia città localizzata su un terreno pianeggiante in prossimità di importanti assi di collegamento, autostrada e linea ferroviaria, un grande museo a cielo aperto ricco di opere d’arte e di cultura. È una città giardino, pensata e costruita come il “moderno”, caratterizzata dall’ampiezza delle strade e dalla grande distanza tra le abitazioni. La struttura urbanistica è caratterizzata prevalentemente dall’alternarsi di strade carrabili e pedonali, con case a schiera dotate di piccolo giardino.

Prima del terremoto Gibellina era una piccola cittadina con poco più di 6000 abitanti divisa in sei quartieri, confinante a nord con la provincia di Palermo, ad est con Poggioreale, a sud con Salaparuta, ad ovest con Santa Ninfa e a nord-ovest con i comuni di Calatafimi e Alcamo; insomma, una posizione centrale, anche se per raggiungerla bisognava percorrere strade scomode e quasi impraticabili, difficoltà che indubbiamente costituirono un limite naturale al suo sviluppo economico, ma che insieme consentirono agli abitanti di conservare, forse con maggiore fedeltà di altri siciliani, il ricordo della tradizione, dei costumi e della memoria complessiva del passato. Entrando in paese una porta a forma di Stella si erge maestosa, alta 24 m è realizzata in acciaio inox da Pietro Consagra, in viale degli Elimi si trova il palazzo Di Lorenzo di Francesco Venezia, una particolare casa – museo in cui si sovrappongono stili antichi e moderni. Andando oltre si può ammirare il Meeting, bar ristoro di Pietro Consagra, il Teatro anch’esso opera di Pietro Consagra, la Chiesa  Madre di Ludovico Quaroni, il Sistema delle piazze, di Laura Thermes e Franco Purini, in piazza XV Gennaio 1968 vi è il Municipio progettato da Vittorio Gregotti e Giuseppe Samonà. Da non dimenticare il “Cretto” di Alberto Burri, un candido sudario steso sulle rovine della vecchia città, per conservare le memorie del passato nella nuova realtà che ogni estate si trasforma nel palcoscenico delle Orestiadi. Finalmente in Sicilia, avremo una città, pensata e progettata da architetti urbanisti ed artisti, un momento di crescita culturale ed economica, sia per i cittadini gibellinesi, sia per tutta un’intera regione, orgoglio dei manicomi. Fantastiche ipotesi, che però non hanno avuto il loro seguito, perché Ghibellina, la splendida città giardino, è stata abbandonata, si! Abbandonata, sia dagli abitanti, sia e soprattutto dalle istituzioni. Sicuramente Gibellina è un’opera d’arte, ma come spesso succede, l’arte rimane solo per pochi, e non per tutti, infatti per gli addetti ai lavori, (professionisti e studenti) è sicuramente un’ottima base di studio, ma per la maggior parte della gente, e soprattutto per i gibellinesi, di quella opera d’arte, non se ne fanno assolutamente nulla. Gibellina, sembra ormai una città fantasma, abitata solamente dai suoi austeri monumenti, inno alla vita e alla crescita, ma tutto hanno portato tranne questo; si intravede passare, ogni tanto qualche timido turista, che frugalmente scatta qualche foto qua e là. Certo, l’architettura da sola non può niente, e naturalmente poi si parla della cosiddetta “cattedrale nel deserto”, ma come mai, in Europa tutto questo non succede?, come mai da almeno una ventina d’anni, si tende verso una “politica architettonica” che riesce a mandare avanti tutti quegli ingranaggi che regolano la vita quotidiana? Lo vediamo in Francia, in Germania, in Olanda ed in tutti i paesi bassi, ma soprattutto lo vediamo in Spagna, uno stato, che fino a qualche tempo fa, e non troppo, sicuramente non era quella che è diventata oggi; una Nazione all’avanguardia. Io credo in noi “giovani” professionisti, mentalità diverse, culturalmente avanzate, e matematicamente incazzate!!!!  Credo nel futuro di Gibellina, credo nel futuro della Sicilia, credo nella “politica architettonica”, che certamente non da sola, possa dare lavoro e ricchezza oltre che belle case nuove fiammanti solamente da abitare. In Europa e in tanti altri paesi, l’architettura viene scelta come simbolo di rinascita, rinascita culturale ed economica, nel 1889 Gustave Eiffel viene inizialmente criticato e osteggiato per la costruzione della sua “Torre”, che doveva testimoniare la potenza industriale francese, fu realizzata ricorrendo al compromesso che dopo vent’anni sarebbe stata smantellata. A favore del mantenimento della Torre giocò il fatto di servire da antenna radio (grazie anche a questo i francesi avevano potuto intercettare i messaggi radio dei tedeschi e approntarsi per la battaglia della Marna). Fu istituita una apposita commissione che decise su votazione (con solo un voto di scarto) per il mantenimento della torre. Oggi la Tour Eiffel è il simbolo di Parigi con milioni di visitatori da tutto il mondo che si mettono in fila per ammirarla. Si pensi che i costi di costruzione vennero ammortizzati in un solo anno, in fondo è stato un ottimo investimento. Berlino negli anni novanta era una città disastrata ricca di vuoti urbani e ruderi, ma grazie alla volontà istituzionale si è velocemente trasformata in una città che ha fatto della contemporaneità il suo punto di forza. Il Reichstag di Berlino è rimasto un rudere fino alla caduta del muro nel 1989, poi l’architetto Norman Foster propone un recupero con materiali e forme innovative che richiama visitatori da ogni dove, la Potsdamer Platz, punto nevralgico, dove già nel 1908 transitano 35 linee tranviarie ed è insediata la stazione di testa di una delle più importanti linee ferroviarie nazionali e internazionali. Dopo la guerra, il poco che rimane in piedi viene tagliato in due nel 1961 dal muro, rendendo di fatto impossibile l’utilizzo degli assi viari. A partire dal 1989, si può immaginare quindi la difficoltà nel cercare di ricucire uno spazio così frantumato. Oggi quello coordinato da Renzo Piano è considerato uno tra gli interventi di recupero urbano più rilevanti a scala europea. Ed infine l’Isola dei musei, per ricordare le radici della nazione, i grandi artisti e gli interessi che hanno influenzato la cultura tedesca. E poi ancora Dessau con il suo Bauhaus università moderna in stile “arts and crafts” ideata da Walter Gropius e grazie ai maestri che vi hanno insegnato, è diventata un punto di riferimento passato e presente,  Villa Tugendhat a Brno di Ludwig Mies Van Der Rohe, e Londra con il recupero della ex centrale elettrica, oggi museo dedicato all’arte moderna e contemporanea il Tate Moderne e le migliaia di interventi realizzati con gusto all’interno della “city”, lo stesso accade a Copenaghen, il suo simbolo è oggi il “Black Diamond” l’ala high tech della vecchia Royal Library,  Praga con il suo palazzo simbolo Ginger e Fred ovvero “Nationale Nederlanden Building”, uno degli edifici più affascinanti, ma per certi versi meno conosciuto, della storia dell’architettura contemporanea diversamente da come si potrebbe immaginare  non si nota più di tanto, rispetto al contesto in cui è immerso, infatti ho dovuto faticare non poco  prima di trovarlo, mentre, appena arrivati, all’incirca intorno le 10.00 del mattino, percorrevamo in macchina la sponda del fiume sul quale si appoggia delicatamente, così come si interseca delicatamente con gli edifici circostanti, in una elettrica danza e in tantissime altre città, che hanno fatto della contemporaneità un pregio e una rendita economica.

Carlo Gibiino

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *